L'insonnia fa ammalare



Dormire meno fa salire la pressione nuoce a cuore, arterie e immunità Recenti ricerche hanno trovato nuovi effetti del sonno sia positivi che negativi, su molte altre funzioni del corpo

Il sonno ha sempre affascinato gli umani. Il mistero della sua ciclica inesorabilità, a cui nessuno può sfuggire, e quello del mondo che si apre nella mente, una volta che gli occhi si chiudono, hanno ispirato artisti, filosofi e medici fin dagli albori della civiltà umana.
Per gli antichi greci era un momento di cura, anzi era la modalità della cura per eccellenza: quella cui si applicava il dio Asclepio, il fondatore della più gloriosa stirpe medica, che appariva in sogno a quei malati che, dopo aver pregato e sacrificato, avevano deciso di fermarsi a dormire nel tempio, quando la medicina degli uomini aveva fallito.
I medici ippocratici e poi, diversi secoli dopo, Galeno inserirono il sonno tra i capisaldi delle regole di vita per mantenere o riconquistare la salute.
Le ricerche attuali confermano che le modalità con cui conduciamo questa parte della vita immobile, semicosciente, incosciente e a tratti delirante, influenzano la salute e la malattia. Tutti i sistemi fisiologi ne sono interessati: ovviamente il cervello con l'orchestra ormonale che dirige; il sistema immunitario, la cui attività è modellata dal ritmo sonno-veglia; i sistemi metabolici, le cui funzioni sono fortemente condizionate dalle modalità e dalle caratteristiche del sonno. Alterazioni del sonno possono quindi essere all'origine di numerosi problemi di salute, alcuni lievi altri decisamente gravi.
Aumenta l'ipertensione
Il lavoro più recente sulle relazioni tra sonno e salute è quello pubblicato da Jama il 30 dicembre 2008. Ricercatori dell'università di Chicago hanno studiato lo sviluppo della calcificazione delle arterie in quasi 500 maschi e femmine, di età variabile tra i 35 e i 47 anni. Lo studio, iniziato nel 2001 e concluso nel 2006, ha utilizzato strumenti di valutazione obiettiva della durata del sonno ed ha correlato le ore di sonno all'evoluzione delle calcificazioni arteriose. La conclusione è che chi dorme meno ha un aumento dei depositi di calcio nelle arterie e che un'ora di sonno in più riduce del 33% il rischio di calcificazione. Poiché la calcificazione delle arterie è un chiaro segno di aterosclerosi, i ricercatori americani hanno paragonato il sonno al più classico fattore di rischio per questa patologia: l'ipertensione. Ebbene, dormire un'ora in più equivale a ridurre di 16,5 punti (mm Hg) la pressione arteriosa.
Del resto, qualche mese fa un gruppo di cardiologi di Cleveland ha dimostrato su Circulation che adolescenti che dormono meno di 6 ore e mezzo per notte hanno una pressione sanguigna più alta, al limite dell'ipertensione: è evidente che questi ragazzi, continuando a dormire poco, da adulti saranno ipertesi.
Particolarmente a rischio le donne. Uno studio recente, realizzato dal dipartimento di psichiatria e scienze comportamentali della Duke University a Durham in USA e pubblicato su Brain Behavior and Immunity, ha documentato che essere donna rappresenta un fattore di rischio aggiuntivo. Infatti, a parità di "cattivo sonno", le donne hanno indici psicofisiologici peggiori degli uomini: un più alto indice di massa corporea, livelli più elevati di PCR e maggiore resistenza insulinica. Il che vuol dire, più obesità, più infiammazione e più diabete.
L'immunità è strettamente legata ai disturbi del sonno. Proprio in questi giorni ricercatori della Carnegie Mellon University di Pittsburgh hanno dimostrato che chi dorme meno di sette ore a notte è più esposto alle infezioni da virus del raffeddore. È documentato un incremento di citochine infiammatorie in persone con un ritmo del sonno alterato. Come spieghiamo nel box, di notte ormoni e circuiti immunitari si sincronizzano reciprocamente. Difficoltà ad addormentarsi, frequenti risvegli alterano questi delicati meccanismi con uno spostamento in avanti del picco della melatonina i cui livelli permangono alti al risveglio e per parte della mattinata: ciò incrementa l'infiammazione causando spossatezza e dolori. Un quadro simile è stato riscontrato da Maurizio Cutolo, reumatologo dell'università di Genova, in persone con artrite reumatoide.
Chi invece lavora di notte rischia di avere inefficiente quel circuito immunitario che ci protegge dalle infezioni virali e dai tumori (chiamato di tipo Th1). Una serie di studi, in questo primo decennio del secolo presente, recentemente riassunti da Ester Franzese e Giuseppe Nigri del Policlinico S. Andrea di Roma, ha documentato un incremento del cancro al seno in infermiere che hanno svolto più frequentemente turni notturni. Il rischio diventa importante e crescente se si superano i 20 anni di attività. Infermiere con 30 anni di servizio a turni hanno un incremento del rischio di cancro al seno di oltre il 30%.
Infine, c'è uno stretto rapporto tra disturbi del sonno, disturbi dell'umore e della memoria. La depressione e l'ansia vanno a braccetto con la difficoltà a farsi delle belle dormite: spesso il disturbo del sonno è un segno premonitore del disturbo dell'umore; altre volte, persistendo anche quando l'umore è migliorato, è un segno di non completa guarigione. La memoria dipende dal sonno, come spieghiamo nell'altro articolo: l'area cerebrale da cui essa dipende, l'ippocampo, viene pesantemente danneggiata dallo stress cronico e dai disturbi del sonno. Esperimenti su animali dimostrano che lo scarso sonno blocca la neurogenesi e cioè la formazione di nuove cellule nervose che l'ippocampo usa per il suo fondamentale lavoro di costruttore di ricordi.
Chi invece non dorme ma lavora di notte corre il rischio di avere inefficiente quel circuito immunitario che ci protegge dalle infezioni virali e dai tumori (chiamato di tipo Th1). Una serie di studi, in questo primo decennio del secolo presente, recentemente riassunti da Ester Franzese e Giuseppe Nigri del Policlinico S. Andrea di Roma, ha documentato un incremento del cancro al seno in infermiere che hanno svolto più frequentemente turni notturni. Il rischio diventa importante e crescente se si superano i 20 anni di attività. Infermiere con 30 anni di servizio a turni hanno un incremento del rischio di cancro al seno di oltre il 30%.* Società italiana di Psiconeuroendocrinoimmunologia



Fonte: La Repubblica.it





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