LONDRA - Lavorare di notte potrebbe favorire lo sviluppo di tumori, così come i raggi ultravioletti, o l’inquinamento ambientale. È quanto emerge da un rapporto dell’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), con sede a Lione, in Francia, secondo cui chi lavora nei turni di notte è a maggior rischio di tumori rispetto al resto della popolazione. I risultati dello studio sono stati presentati sulla rivista Lancet Oncology.
Oltre 40 scienziati di 10 diversi paesi hanno analizzato le ricerche finora condotte sull’uomo e sugli animali che hanno preso in esame l’effetto di lavorare quando invece si dovrebbe dormire. Sebbene non siano state trovate prove inconfutabili di un rapporto causa-effetto con la formazione di tumori, sono emersi indizi, molteplici che rendono il lavoro notturno una “probabile” causa di tumore, di cui tener conto assieme alle altre numerose “probabili” cause che ci circondano.
L’alterazione dell’orologio interno dell’organismo, da cui dipendono i ritmi circadiani, ha probabilmente un effetto cancerogeno, per gli uomini e non solo. Nel 2001, una ricerca condotta dal Fred Hutchinson Cancer Research Center di Seattle, aveva riscontrato che le lavoratrici che svolgono turni di lavoro notturni hanno un rischio di tumori al seno del 60 per cento più elevato. In realtà, l’ipotesi di un legame tra turni di notte e tumori al seno risale ad alcuni anni prima, e qualche esperto è arrivato a sostenere che il lavoro notturno abbia contribuito all’incremento dell’incidenza di questi tumori.
Altre ricerche hanno d’altra parte riscontrato che gli esponenti del sesso maschile che lavorano di notte hanno un rischio elevato di tumori alla prostata. Ma non è possibile estendere i risultati ad altre popolazioni. Le ricerche sull’animale hanno però confermato che i geni coinvolti nella regolazione dell’orologio biologico sono alterati nelle cellule tumorali, e che gli animali esposti a regimi luce-buio invertiti, sviluppano più tumori e muoiono prima.
L’effetto cancerogeno, o comunque negativo, delle occupazioni notturne, potrebbe quindi avere a che fare con la risposta dell’organismo alla luce. La ghiandola pineale, nel cervello, produce l’ormone melatonina in seguito all’esposizione successiva alla luce (del sole o artificiale) e poi al buio; produzione che viene perciò alterata quando le persone rimangono attive la notte, a luci accese.
L’ormone non solo regola i ritmi dell’organismo, ma agisce come antiossidante, proteggendo il DNA da quei danni che possono portare alla formazione di tumori. Un altro fattore capace di contribuire ad accrescere il rischio potrebbe essere poi la mancanza di sonno: chi lavora di notte, difficilmente riesce a invertire completamente i propri cicli giorno-notte. E poco sonno rende il sistema immunitario più vulnerabile agli attacchi e meno capace di difendere dalle cellule cancerose.