Ci hanno rubato il buio della notte

Senza stelle e stressati nelle metropoli luccicanti

Due cose riempiono l'animo di ammirazione e venerazione sempre nuova e crescente, quanto più spesso e più a lungo la riflessione si occupa di esse: il cielo stellato sopra di me, e la legge morale dentro di me». Chi ricorda la conclusione della «Critica della Ragion Pratica» di Kant per averla letta nell'edizione di Riga del 1788 o sulla carta velina dei Baci Perugina, si chiederà oggi che cosa sia mai la «legge morale dentro di me». Per tacere del «cielo stellato sopra di me», che non crea più quell'emozione speciale con cui il filosofo prussiano era certo di trafiggere il cuore dei suoi lettori.

Più di cent'anni prima che Kant scolpisse le sue parole nel marmo, nel 1610, Galileo Galilei pubblicava le conclusioni di lunghe notti di osservazioni con il cannocchiale. Il suo telescopio faceva ridere al confronto di quello che uno studente liceale trova oggi al megastore, eppure lo scoprire che la Via Lattea non era una sostanza continua come il getto di latte delle mammelle di una vacca ma un tessuto di stelle, riempì di stupore il padre della nostra cosmologia. Nelle megalopoli che scoppiano di luce, chi ha ancora la percezione della Via Lattea? Come ha scritto David Owen su Rolling Stones, «non sono le stelle a luccicare di meno, è la Terra, diventata dannatamente brillante, che vela i corpi celesti».

Nel capovolgimento di tutto compiuto dalla post-modernità, ci accorgiamo che la luce artificiale ha strozzato il buio, la lampadina ha assassinato la tenebra. Quella che per secoli è stata la metafora della paura, del caos e del signore oscuro, oggi è un pezzo di umanità reciso dal coltello del progresso. Adesso, se alziamo il naso in una grande città, vediamo quello che gli americani chiamano «sky glow»: il lucore celeste. L'inquinamento ha reso il cielo più opaco, una cappa su cui si riverberano i bagliori delle metropoli, un manto riflettente tra noi e quelle stelle che ancora Galileo e Kant portavano sopra la testa come un magnifico cappello.

L’inquinamento luminoso non vela soltanto le stelle, rischia pure di diventare un problema per la salute: la virtuale abolizione della notte nelle metropoli interferisce con l’«orologio circadiano» che regola gli organismi sul ciclo di 24 ore dell’alternanza giorno-notte. Il più banale disturbo del ciclo circadiano è il jet leg. Alcuni studi medici ipotizzano che la luce continua alteri la capacità dell’ipofisi di sintetizzare la melatonina, provocando diversi disturbi che possono produrre dallo stress al cancro. Richard Stevens, epidemiologo dell’Università del Connecticut, ha suggerito un legame tra i tumori e i «disturbi circadiani» del sistema ormonale provocato dalla luce artificiale. Il professor N.N. Pertov dell’Istituto di ricerca oncologico del Ministero della salute russo studia da anni il problema. «I lavoratori notturni e i piloti - spiega - soffrono più della media di cancro intestinale. La luce irregolare può provocare disturbi del sonno, gastrointestinali e cardiovascolari. Si è notato un aumento della predisposizione al diabete». Secondo ricercatori americani, lo stress da luce danneggia la sessualità.

Per rendersi conto di che cosa ci sta capitando, David Owen invita a salire sull'Empire State Building di New York in una notte senza nuvole: al massimo potrete vedere la Luna, i pianeti più brillanti e un pugno di stelle luminose, «meno dell'uno per cento di quello che Galileo avrebbe potuto osservare senza telescopio». Per classificare l'intensità del buio, alcuni astronomi dilettanti adoperano la scala Bortle, che si basa su un certo numero di criteri, tra i quali «il limite di magnitudine», la brillantezza degli oggetti celesti visibili a occhio nudo.

La scala in nove punti è stata inventata nel 2001 dall'americano John E. Bortle, pompiere capo in pensione a Westchester County e notista di «Sky &Telescope». Racconta Bortle: «Uno dei problemi che ho dovuto affrontare, era che molti giovani astronomi dilettanti, specialmente a Est del Mississippi, non avevano mai visto un cielo completamente buio. A volte qualcuno mi chiamava e mi diceva: John, ho trovato un posto davvero buio, non puoi immaginare che meraviglia. Così andavo a dare un'occhiata ma era sempre una delusione. Non avevano un criterio per fare paragoni».

Nella scala Bortle, la notte ai tempi di Galileo si sarebbe meritata un bel Classe 1, mentre adesso il tipico cielo sopra una moderna città varia tra Classe 5 e Classe 7. Il posto più buio negli Stati Uniti continentali non riesce ad arrivare al di sotto di Classe 2 ed è costantemente minacciato dall'avanzare della luce. Per chi stesse all'estremità settentrionale del Grand Canyon in una notte senza Luna, la cosa più luminescente in cielo non sarebbe la Via Lattea ma il bagliore di Las Vegas, distante oltre 200 chilometri. Per trovare qualcosa di simile al buio di Galileo bisognerebbe andare nel più remoto interno australiano o tra le montagne del Perù. Quanta strada dal «Fiat lux» della Genesi, la luminescenza materiale e spirituale diventa caricaturale nel mondo dell'iPod: una maledizione al tungsteno che divora le ombre, uno schermo abbacinante senza profondità, dove tutto ha lo stesso risalto. Il mondo come un supermarket coreano a New York: 7/7-24/24, sette giorni su sette, ventiquattr’ore su ventiquattro di neon ininterrotto.

A queste angosce fisiche e metafisiche, uno come David L. Crawford, laureato in astronomia nel 1958, una vita passata all'osservatorio nazionale di Kitt Peak, vicino a Tucson, cerca di dare una risposta da americano pragmatico. Con alcuni amici ha creato la «International Dark Sky Association». «Siamo una specie di Sierra Club notturno - scherza -. La nostra missione è cambiare il mondo di notte». L'associazione ha undicimila iscritti, la maggior parte in California ma anche in Iran, dove l'astronomia è un hobby popolare specialmente tra le donne. Lentamente, controcorrente, cercano di convincere le amministrazioni ad adottare illuminazioni meno invasive e costose. Tra le scoperte più paradossali dell'Armata delle tenebre di Crawford, c'è il fatto che gli edifici pubblici illuminati sono più soggetti a vandalismi e furti. «Perché dobbiamo fare un favore ai ladri?», si chiede l'astronomo.

I buoni che sposano la causa dell'oscurità, i cattivi che approfittano della luce. Benvenuti nel mondo al contrario: sbucando dall'inferno si vedranno le luci di Times Square o di Piccadilly Circus riflettersi là dove Dante rivedeva le stelle.

Fonte: www.lastampa.it





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